Mi chiamo Indro. 
Le ragioni per cui, al fonte battesimale, mi fu impartito questo nome, sono assai complesse e hanno un contenuto politico e sociale. Voglio raccontarvele perché da esse potrete ricavare molti lumi circa la mia origine e l'ambiente in cui sono nato e cresciuto.

Dovete sapere che Fucecchio, mia patria, è un paese di Valdarno, sito a mezza strada fra Pisa e Firenze. E' un paese abbastanza antico, sviluppatosi intorno al nocciolo feudale di un castello fiorentino, come sono molti paesi di quella contrada. [...] Con l'andar del tempo, il paese si mise a scendere in basso, verso la piana, l'Arno e le sue strade. Qui si adagiò e prese a ingrossare soprattutto come mercato agricolo. Poiché è buona regola di ogni borgata toscana di dividersi sempre in due fazioni, Fucecchio si divise in "insuesi" e "ingiuesi". Gl'insuesi erano quelli che stavano per in su, cioè nella parte antica, intorno al castello e alla Chiesa della Collegiata; ingiuesi quelli che stavano per in giù, cioè lungo le strade provinciali che menano a Firenze, a Pisa e a Lucca.

[...] Il matrimonio fra mia madre, insuese, e mio padre, ingiuese, fu uno dei grossi affari della Fucecchio d'anteguerra. Mia madre apparteneva alla famiglia dei Dòddoli che era, come ho detto, una delle più cospicue, forse la più cospicua, delle casate insuesi. Non so di dove venisse con precisione questa casata perché la mia conoscenza genealogica non risale più in là di mio nonno. Ma non credo che fosse molto antica del posto. La sua forza veniva più dai quattrini che dalla tradizione. Il palazzo, che era il più fastoso di tutta Fucecchio, era stato comprato da mio nonno Alessandro, che vi teneva un banco per la mercatura all'ingrosso dei cotoni. [...] Rosamunda - che era una bella donna, di una bellezza fredda e spietata come i suoi occhi - ebbe da Alessandro sette figli, quattro maschi e tre femmine: mia madre Maddalena fu la quinta. Li partorì senza un lamento e li allevò senza una carezza, ben decisa a sacrificare tutte le femmine a tutti i maschi.

Dei quattro rampolli maschi, due studiarono e diventarono uno avvocato e l'altro medico; e due invece, con grande disperazione di Rosmunda, non ne ebbero voglia. L'avvocato seguì le scuole a Firenze, poi in Svizzera e infine a Pisa. Quando era a Firenze, fu compagno di scuola di mio padre, di cui è giunta l'ora di parlarvi.
Mio padre era ingiuese e di famiglia oscura, sebbene ci siano, a Fucecchio, dei Montanelli abbastanza celebri per via di un rivoluzionario del '48 cui i fucecchiesi hanno dedicato un monumento. Ma i Montanelli cui mio padre apparteneva erano di un altro ramo, il ramo povero evidentemente, e mio nonno Raffaello aveva un forno. [...] Al forno ci stava sua moglie Edvige, detta Eduige, che gestiva anche una trattoria e che, attiva e avara, mandava avanti la famiglia composta di quattro figli: una femmina e tre maschi. Dei maschi, mio padre Sestilio era il più promettente, studiava bene e con ottimi risultati; perciò su di lui si concentravano le speranze e le risorse della famiglia che decise di farne un professore di lettere. [...] A scuola fu compagno di Alberto Dòddoli che, intelligentissimo e sfaticato, si lasciava fare i compiti da Sestilio. A quest'ultimo, tornato dalle vacanze in paese, l'amicizia con Alberto consentì di ascendere a Palazzo Dòddoli e di conoscervi mia madre. Il resto ve l'immaginate. Ma non v'immaginate, invece, la guerra che Rosmunda fece a Sestilio il quale, per ingraziarsela, riuscì a furia di ripetizioni, a far prendere la licenza liceale a Curtatone, il settimo dei figli Dòddoli. Un po' questo, un po' l'intercessione del sindaco e dell'arciprete, permisero finalmente a mio padre d'impalmare mia madre. [...]
Questi, che insegnava allora alle tecniche del paese, si portò la moglie per in giù, in una villetta con giardino, e, ottenuta la grazia, riabbracciò in pieno le sue idee sovversive. Poco dopo mia madre rimase incinta. Subito Rosmunda calò dal poggio a riprendersi la figliola perché l'erede nascesse per in su. Infatti nacqui per in su, il 22 aprile 1909. Ma poco dopo, essendosi Rosmunda ammalata, mio padre venne a riprendersi la consorte e la prole e, per vendicarsi, si mise con ostinazione a cercare per me un nome che non fosse né nella famiglia, né nel calendario.
Lo trovò.

Da "Gente qualunque", Bompiani 1942, in Antologia di scrittori fucecchiesi, Edizioni dell'Erba (1990)